
“Non c’è notte che non veda il giorno.”
W. Shakespeare
Oggi 25 Novembre, è la Giornata Internazionale contro la Violenza sulla donna, desidero pertanto dedicare una riflessione a questo drammatico tema.
Quasi ogni giorno siamo testimoni impotenti di eventi drammatici che vedono le donne vittime della violenza. Ogni volta che i media ci informano su tali avvenimenti, ci fermiamo a pensare alle cause di questi abusi, ci chiediamo il motivo di tanto dolore e se qualcuno dei famigliari della vittima, non abbia mai colto segnali di sofferenza.
Restiamo sconcertati dai dati forniti dall’Istat che riportano come in Italia circa la metà delle donne in età compresa tra i quattordici e i settant’anni, abbia ricevuto maltrattamenti da parte di un uomo; i numeri mostrano inoltre un aumento della percentuale delle donne che subiscono violenza e maltrattamenti, mentre quella delle vittime che denunciano tali abusi e sevizie, risulta essere ancora molto bassa.
L’elemento più sconvolgente è, che la maggior parte delle violenze e degli abusi che purtroppo si spingono fino al femminicidio, accadono all’interno delle mura domestiche. La prima causa di invalidità permanente o di morte, per le donne di età compresa tra quattordici e i sedici anni, avviene a causa della violenza ricevuta dal proprio compagno, marito o padre. Anche lo stupro viene frequentemente agito da conoscenti o amici della vittima. Si tratta del partner, del famigliare, dell’amico, del vicino di casa, quindi di relazioni significative che per questo rimangono taciute.
È dunque all’interno di una relazione significativa, ma altamente disfunzionale che l’amore diventa dolore, paura, colpa, vergogna e impotenza.
Quando parliamo di violenza, vengono immediatamente alla mente le immagini di ematomi, lividi; pensiamo dunque, che si tratti solo di maltrattamenti fisici, percosse e abusi; esiste purtroppo un altro tipo di violenza quella psicologica, che lascia profondi segni nell’animo della donna che la patisce.
Gli episodi di femminicidio sempre più frequenti e numerosi (i dati parlano di una media di 100 omicidi all’anno solo in Italia), sono spesso tristi epifanie di violenze fisiche e psicologiche perpetuate per anni. Quello che succede nelle mura domestiche di una famiglia è un affare privato, spesso neanche la potenziale vittima inizialmente identifica come una forma di sopruso, una particolare modalità relazionale disfunzionale, che si costituisce all’interno della coppia.
Questa forma di violenza chiamata mobbing famigliare, è caratterizzata da atteggiamenti di dominio volti a minare l’autostima della donna, con squalifiche ed umiliazioni, con silenzi carichi di risentimento e disprezzo.
La violenza sulle donne ha molte sfumature, non è solo quella fisica quella più estrema e più facile da riconoscere, ma esiste un tipo di violenza quella psicologica, che strappa alla vittima la propria libertà, restringendone il campo di azione, umiliandola e manipolandola, per poi terrorizzarla con ricatti e persecuzioni.
Gli uomini che attuano tali comportamenti, non sono capaci di vivere relazioni caratterizzate dalla reciprocità, ma sentono il bisogno di dominare e di squalificare l’altro annientando la propria individualità.
Tali atteggiamenti hanno inizio in modo graduale con derisioni e squalifiche subdole, che finiscono per essere accettate e giustificate dalla donna, conducendola ben presto in una spirale di violenze fisiche e psicologiche.
La violenza psicologica agisce attraverso una comunicazione perversa il cui scopo è la sottomissione dell’altro.
Il partner attua il controllo, isolando la vittima; la donna viene allontanata dalla famiglia di origine, dai parenti, dagli amici, spesso le viene impedito di lavorare, allo scopo di renderla completamente dipendente dal partner così che non sfugga al suo controllo.
Il controllo può manifestarsi inoltre con una gelosia patologica, contraddistinta da sospetti infondati; la donna diviene un oggetto da possedere non le viene riconosciuta nessuna individualità.
Questa forma di violenza quella psicologica è come una bestia che si insinua e cresce nell’animo umano, si nutre ledendo la dignità della donna e ha conseguenze importanti sulla sua salute mentale e sulle sue relazioni.
La vergogna e la colpa che la vittima di violenza prova la porta a nascondersi, a vivere in silenzio e a non chiedere aiuto.
La violenza agita attraverso percosse che comportano conseguenze dolorose sul versante fisico, fino ad arrivare in casi estremi al femminicidio, è il culmine di un escalation fatta di umiliazioni, squalifiche e molestie. L’uomo parte dalle umiliazioni, continua con le percosse fino ad arrivare a costringere la vittima ad avere rapporti sessuali forzati.
È bene che la donna sia aiutata a riconoscere i vari segnali d’allarme ( squalifica, isolamento, controllo ecc) che dovrebbero metterla in guardia ma che spesso sono sottovalutati.
Sei vittima di violenza chi può aiutarti?
Chiama il 1522.
Il 1522 è un numero di Pubblica Utilità sostenuto, dal Dipartimento per le Pari Opportunità, attivo 24h/24, 365 giorni all’anno, rivolto alle vittime di ogni forma di violenza.
Chiedi aiuto uno psicoterapeuta
Una persona che ha subito maltrattamenti psichici e abusi, necessita di cure. Ha bisogno di liberarsi dai sensi di colpa, di riappropriarsi della propria dignità e individualità.
Tutto questo può avvenire grazie all’aiuto di uno psicoterapeuta.
La psicoterapia mira ad aiutare la donna, a riconoscere i giochi relazionali che l’hanno resa vittima del proprio aguzzino e alla rielaborazione dei vissuti traumatici, con lo scopo di integrarli nel continuum dell’esistenza.
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