L’enuresi notturna è un disturbo dell’evacuazione, caratterizzato dalla perdita involontaria di urina, durante il sonno, nei bambini di età superiore ai cinque anni, età in cui il bambino dovrebbe aver già raggiunto una buona autonomia nel controllare i suoi impulsi. Il termine enuresi deriva dal greco e significa “urinare dentro”; si tratta di un evento abbastanza diffuso, che interessa circa 10% dei bambini, soprattutto si manifesta nei maschi e tende a risolversi spontaneamente. La diagnosi di enuresi si ha solo quando l’emissione involontaria di urine perdura per almeno tre mesi con una frequenza di due volte la settimana; è necessario però richiedere un trattamento terapeutico anche quando gli episodi sono meno frequenti, ma provocano nel bambino un disagio soggettivo tale, da indurre una compromissione delle relazioni con il mondo esterno (scuola, coetanei ecc.). I bambini si vergognano del loro disturbo e tendono dunque a evitare tutte quelle situazioni, quali vacanze e soggiorni da parenti o da amici, gite scolastiche, che potrebbero metterli in imbarazzo; tali evitamenti implicano una marcata riduzione della vita sociale e relazionale del bambino. Nella maggioranza dei casi l’enuresi è notturna, avviene cioè durante le ore di sonno, a volte è legata a sogni “bagnati”, dove il bambino sogna di far pipì in molteplici situazioni. La perdita involontaria di urina, può avvenire anche quando i bambini sono regolarmente svegli, in questo caso si parla di enuresi diurna. L’enuresi diurna avviene invece quando i bambini sono svegli; questo tipo di disturbo riguarda principalmente le bambine fino a nove anni. In questi casi lo stimolo a urinare è avvertito come improvviso e incontenibile; in altri il bambino trattiene a lungo la pipì perché impegnato in giochi o in altre attività posticipando fino all’ultimo il momento di urinare, fino a farsi la pipì addosso; spesso il bambino può vivere situazioni di imbarazzo legate all’uso di bagni pubblici. Prima di parlare delle cause del disturbo, è necessario fare un’ ulteriore distinzione tra enuresi primaria e enuresi secondaria. Si tratta di enuresi primaria, se il bambino non ha mai raggiunto il controllo della vescica, di enuresi secondaria se sono passati almeno sei mesi da quando il bimbo ha acquisito una buona autonomia nel controllo della pipì e riprende a bagnarsi. Alla base del disturbo c’è spesso una componente genetica: si è rilevato che circa il 70% dei bambini hanno avuto un genitore che lamentava lo stesso disagio. Le cause possono essere anche emotive: tali episodi si verificano soprattutto dopo la nascita di un fratellino, quando il bambino sente il bisogno di ricevere più attenzioni e affetto, o a seguito di un cambiamento significativo e/o improvviso nella sua vita ( separazioni dei genitori, lutti, traslochi, ingresso a scuola ecc…). Tali situazioni condizionano i punti fermi e le certezze del piccolo che vede compromesso il suo senso di sicurezza. Sebbene l’enuresi tenda a risolversi, il disagio emotivo che ne consegue è notevole e legato al senso di vergogna e di imbarazzo che può portare, in casi estremi all’isolamento sociale del bambino, soprattutto laddove c’è rabbia e incomprensione da parte dei genitori, o comportamenti di scherno da parte dei compagni. Per questo motivo è necessario non minimizzare, perché l’enuresi segnala comunque un disagio,che va ascoltato. È fondamentale che i genitori assumano un atteggiamento comprensivo: il bambino non va mai sgridato, il rimprovero peggiora la situazione in quanto mina il livello di autostima e di autoefficacia del bambino con il rischio di renderlo insicuro. È opportuno che i genitori si rivolgano ad uno specialista per evitare che il disturbo si cronicizzi. L’enuresi è trattata sia con un approccio farmacologico, sia con un intervento psicologico di tipo comportamentale-psicoeducativo. Per quanto riguarda l’approccio farmacologico, solitamente il medico prescrive farmaci anticolinergici che incrementano la funzionalità della vescica. L’approccio comportamentale consiste nel fornire al bambino una serie di tecniche che gli consentiranno gradualmente di apprendere a non essere più incontinente. Il più noto è il sistema di allarme, dove il bimbo è connesso a un apparecchio a pila,che suona appena inizia l’emissione di pipì; il piccolo si sveglia e può finire la minzione in bagno. Vi sono inoltre degli interventi psicoeducativi che si possono adottare; in questo caso è assolutamente necessaria la collaborazione del bambino e consistono nel chiedere al bimbo di bere poco la sera, accompagnarlo al bagno (se è piccolo) e domandargli di svuotare completamente la vescica prima di andare a dormire. In caso di enuresi diurna, si può chiedere al bambino di urinare non appena sente lo stimolo e/o programmare di andare in bagno almeno sette volte al giorno. Si deve inoltre aiutarlo a gestire e a controllare lo stimolo, chiedendogli di contare fino a 10 prima di iniziare a fare pipì. È fondamentale che i genitori siano emotivamente vicini al proprio figlio e che gratifichino anche il più piccolo risultato raggiunto. 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