"La stima di sè è il contenuto più profondo della vita umana".Sandor Marai
In alcuni momenti della vita può capitare a chiunque di sentirsi inferiore nei confronti di un collega, di un amico, o di un fratello. In questi casi, la sensazione è transitoria e circoscritta, il disagio è gestibile e superabile.
Coloro che soffrono di complesso di inferiorità invece, convivono in modo persistente con la sgradevole sensazione di non essere mai abbastanza. Queste persone si percepiscono inferiori agli altri, lamentano vissuti di inadeguatezza e hanno il pensiero costante e disfunzionale di essere peggiore di tutti gli altri individui.
Questa condizione trae origine dall’infanzia ed è strettamente legata ad una bassa autostima.
Probabilmente questi individui sono cresciuti con genitori rigidi e autoritari che non li hanno valorizzati, ma confrontati severamente con gli altri, facendogli sperimentale sentimenti di impotenza e di inadeguatezza.
Il raffronto impietoso riguardava le abilità scolastiche, sportive, l’intelligenza, l’aspetto fisico e il comportamento sociale.
In età adulta può inoltre nascere un complesso di inferiorità secondario, nel momento in cui, l’individuo non si sente in grado di raggiungere determinati obbiettivi tipici dell’età, quali sicurezza economica, o aver ottenuto un certo status sociale di successo ecc.
Mentre le altre persone sono percepite sicure di sé e abili a conquistare determinati obbiettivi di vita, il soggetto che soffre di complesso di inferiorità, ha una scarsa considerazione di sé, si percepisce poco competente e incapace di sostenere qualsivoglia competizione. Per timore di essere giudicato, solitamente questi individui tendono ad isolarsi e ad avere, scarse relazioni sociali.
In ogni caso questa sofferenza non nasce mai, da una reale mancanza o da un difetto fisico, ma da pensiero disfunzionale che risale all’infanzia o all’adolescenza.
L’altra faccia della medaglia: quando il complesso di inferiorità si nasconde dietro ad una parvenza di superiorità
Alcuni individui manifestano in modo persistente il bisogno di apparire e di sentirsi migliori degli altri. Si tratta di una sorta di compensazione rispetto ai messaggi squalificanti subiti da parte dei genitori durante l’infanzia.
Mentre le persone sane non solo, sono consapevoli delle proprie mancanze e si impegnano per ottenere maggiori risultati, questi individui non accettano l’errore, fonte per loro di grande frustrazione, ma tendono ad attribuire agli altri, o a eventi esterni (es la mancanza di fortuna…) i loro fallimenti. Riconoscere che un eventuale errore possa essere originato da una loro responsabilità, sarebbe intollerabile per queste persone, poiché confermerebbe la loro convinzione di non valere.
L’individuo che manifesta sentimenti di inferiorità penserà di star bene solo se riuscirà a primeggiare in ogni situazione (scolastica, lavorativa, sportiva ecc…). Quando questa circostanza non si verificherà, il soggetto proverà sentimenti depressivi o metterà in atto atteggiamenti di squalifica e di arroganza nei confronti delle altre persone.
Come superare il complesso di inferiorità
Coloro che soffrono del complesso di inferiorità convivono con il pensiero disfunzionale che realmente abbiano delle mancanze, si percepiscono inferiori agli altri e agiscono di conseguenza.
P. Watzlawick parlò di “profezia che autoavvera” per definire quelle supposizioni che solo per il fatto di essere state enunciate, fanno realizzare gli eventi presunti o aspettati.
Se io ad esempio penso di non valere, di non essere in grado di fare o di raggiungere qualsivoglia obbiettivo, sarà difficilissimo se non impossibile, che io ci riesca. Se viceversa mi percepisco come un individuo sicuro e abile, di fronte ad un problema, cercherò di mobilitare tutte le mie risorse per trovare una soluzione.
Superare il complesso di inferiorità non è semplice, in quanto l’origine di questa sofferenza si trova in eventi e situazioni avvenute nel passato che hanno lasciato segni profondi nella psiche di questi soggetti.
L’individuo che ha interiorizzato un pensiero disfunzionale che riguarda sé, deve essere per prima cosa aiutato a rielaborare una nuova immagine di sé; questo implica l’accettazione di sé stesso come individuo unico, con le proprie caratteristiche e potenzialità.
È inoltre importante che il soggetto realizzi i motivi per cui è sorto tale complesso e che prenda le distanze affettive ed emotive, dalle relazioni che hanno originato in lui, questa immagine distorta.
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